di Pietro Saccò
Anche le belle notizie possono essere scioccanti. La nomina di don Alberto Torriani ad arcivescovo di Crotone – Santa Severina, lo scorso 11 dicembre, è una di quelle. Sono quasi dieci anni che don Alberto accompagna don Marco come collaboratore festivo per le Messe e le Confessioni nella parrocchia di Santa Maria del Rosario. I parrocchiani hanno imparato presto a conoscerne la cordialità, l’intelligenza, la disponibilità. Che debba salutare il Rosario, perché chiamato a guidare un’arcidiocesi calabrese da quasi 200mila abitanti, non era qualcosa di prevedibile. Il più sorpreso è ovviamente lui, che preso da un incarico impegnativo come quello di rettore del Collegio arcivescovile San Carlo, aveva la mente e il cuore su altri progetti. Tanto che è stato tentato di rifiutare.
«Ovvio, ho avuto paura – racconta -. C’è un po’ di tremolio alle gambe per me, milanese, nominato arcivescovo di una terra che non conosco. Quando l’ho saputo, pochissimi giorni prima dell’annuncio ufficiale, mi sono chiesto se c’era la possibilità di dire di no. Ci ho pensato a lungo, poi ho capito che, se avessi rifiutato, non sarei stato felice. Mi è venuto in mente l’ambone da dove predico: che cosa avrei detto la domenica ai parrocchiani, se avessi fatto una scelta non coerente con le mie parole? Non parlo di una coerenza morale o, peggio, moralistica, qualcosa che non mi appartiene. Ma penso alla coerenza con la mia vocazione, sarei stato doppio, falso». Chi fa la scelta della vita sacerdotale fin dall’inizio sa bene che non può più disporre liberamente della propria vita. «Su tutte le emozioni di questi primi giorni, così intense, prevale la consapevolezza che la mia vita è donata. Donata al Vangelo, alla Chiesa, alla Comunità. Davvero il Vangelo mette tutto sottosopra e sta anche qui la sua bellezza».
Degli anni a Santa Maria del Rosario, l’arcivescovo eletto Torriani si porta dietro prima di tutto quella che chiama “l’arte dell’essere pastore”. «Per me vuol dire spezzare l’Eucaristia e soprattutto ascoltare la confessione. Qui, come al San Carlo, ho imparato ad accogliere le persone dentro le loro fatiche, dentro i loro slanci, dentro anche alle pieghe un po’ sciupate della vita. C’è un’espressione per raccontare l’esperienza della confessione che dice “con mano che scioglie gli affanni”. È bellissima e molto vera: una persona si consegna a questo mistero incredibile, e tu sei lì, imponi le mani, e sei testimone di una grazia che ti fa venire tutte le volte le vertigini dell’abisso».
Ci sono altre due grandi lezioni che don Alberto ha imparato al Rosario. Una è l’attenzione per la cura. «Qui c’è una grande attività di cura. Penso alla cura degli ultimi, con i tanti progetti consolidati per aiutare i più fragili, ma anche alla cura dei bambini e dei giovani, con l’oratorio, e una grande attività nell’accompagnamento degli adulti, penso ad esempio al corso fidanzati. Il tutto dentro una realtà estremamente variegata come persone, storie personali, relazioni ». L’altra ricchezza che don Alberto ha trovato in parrocchia è la comunione con i preti. «Io al San Carlo sono da solo, la comunione con i preti, don Marco e don Martino prima, ora stavamo imparando a conoscerci con don Davide… questa comunione è importantissima».
Se gli chiedete perché è stato scelto proprio lui per l’arcidiocesi Crotone – Santa Serverina, don Alberto non ha la risposta. «Me lo sono chiesto, ma non so perché. In questi giorni così densi di emozioni e faccende pratiche da sbrigare sono anche andato a comprare il cappello con la punta. Ho provato un po’ di disagio, proprio perché la nomina è qualcosa che non ho cercato e ora la accolgo nel suo essere del tutto inaspettata. So però quello che il Papa mi ha chiesto di fare: imparare ad essere pastore, soprattutto il per mio Clero e per questa terra ferita e martoriata. C’è l’aspettativa che io lavori molto sui temi educativi: parlare di giovani in territori dove i ragazzi se ne vanno è profetico».
L’arcivescovo eletto Torriani si è già presentato con una lettera ai fedeli dell’Arcidiocesi di Crotone – Santa Severina. Il motto episcopale che ha scelto per l’ordinazione, il 22 febbraio prossimo in Duomo, è “Affinché si sentano da Lui conosciuti”. «È tratto da un biglietto di augurio che Madeleine Delbrêl, una mistica del Novecento, un’assistente sociale parigina, ha scritto a un amico il giorno prima della sua ordinazione sacerdotale. Sarà anche l’augurio sulla mia immaginetta, dove ho preso questa immagine del pastore che si sente raggiunto da questa mano che scioglie gli affanni».