La famiglia, l’oratorio, la vocazione: don Davide Beretta si racconta

Ordinato presbitero lo scorso giugno, il nuovo viceparroco ha “debuttato” al Rosario con un po’ di timore ma soprattutto gioia. La parrocchia? «Tutto deve funzionare perché il motore è Dio»

di Pietro Saccò

Quando ha saputo di essere stato nominato vicario pastorale della Parrocchia di Santa Maria Del Rosario, don Davide Beretta è stato allo stesso tempo contento e spaventato. «Contento perché avevo già avuto occasione di conoscere bene il Rosario durante il percorso del seminario – racconta –: al quarto anno con un compagno ho fatto pastorale speciale alla Fondazione Don Gnocchi, in via Capecelatro. Dal momento che lì non avevano alloggi per noi, come soluzione abbiamo trovato ospitalità qui in Parrocchia. Abbiamo dormito qui ogni fine settimana per un anno, ho conosciuto don Marco e don Martino e avevo visto da vicino la bellezza di questa realtà parrocchiale».

Certo: da seminarista “ospite” a vicario responsabile dell’oratorio alla prima esperienza da prete (don Davide è stato ordinato presbitero lo scorso 8 giugno) è un bel salto. «Per questo ero un po’ spaventato – spiega –. Avevo capito che è una parrocchia di alto livello sociale, culturale ed economico. I primi giorni ho incontrato tantissime persone che hanno fede, cultura, uno spessore umano particolare. Pensavo a compagni di seminario culturalmente più strutturati di me e mi sentivo un po’ inadeguato per questa realtà. Ma già le prime settimane sono state rassicuranti. Tutti mi hanno accolto benissimo: vivo questa nuova esperienza come modo per formarmi sia dal punto di vista culturale che nell’organizzazione di eventi, che qui sono tanti».

L’oratorio è uno dei luoghi centrali nel percorso di fede di don Davide. «Vengo da Carnate, in Brianza, da una famiglia da sempre molto impegnata in parrocchia. I miei genitori hanno trasmesso a me e a mio fratello, che è di due anni più giovane, la fede e la passione per il farsi in quattro per gli altri. Ho sempre vissuto molto la parrocchia, facevo il chierichetto, l’animatore, l’educatore: sono uno dei tanti ragazzi che vive e ha vissuto tutto in oratorio».

Nell’oratorio di Carnate, don Davide ha anche vissuto uno degli incontri decisivi per la sua vocazione. Quello con don Fabio Ercoli, arrivato in parrocchia da diacono 24enne e diventato presto “uno di famiglia”. «Con don Fabio ci siamo legati subito. Mi ha affascinato la sua grande maturità, nonostante fosse molto giovane, e quella capacità di essere allo stesso una persona capace di sorridere e prendere decisioni ferme. La sua per me è stata una grande testimonianza e un prezioso accompagnamento spirituale».

In realtà, il Davide Beretta adolescente non pensava di diventare prete: voleva fare l’insegnante di Lettere. Dopo la maturità al liceo classico Banfi di Vimercate si è iscritto all’Università Cattolica con l’idea di insegnare letteratura. Letteratura classica, in particolare. «Sono sempre stato affascinato dai lirici greci, ho letto tanto Platone, Omero… amo il greco per la sua logicità, il significato che sanno prendere le parole, il fatto che ogni cosa ha il suo perché. Poi negli anni ho scoperto tutto il patrimonio della letteratura cristiana classica e dei padri della Chiesa».

Don Davide Beretta

La vocazione non arriva all’improvviso. «Penso sia come una relazione tra un uomo e una donna: vedi per la prima volta una ragazza e ti piace, ma non è che decidi subito che la vuoi sposare» scherza don Davide. Però anche la relazione con Cristo ha i suoi colpi di fulmine, i momenti decisivi che ti cambiano la vita. «Per me è stato un ritiro nel 2015, quando avevo vent’anni. Un’amica mi ha proposto di andare a conoscere questa comunità missionaria di Villaregia, che non conoscevo. Una comunità aperta a tutti, a chi ha fede e a chi non ce l’ha. Per me era un periodo duro. Durante quel ritiro ci sono stati tanti gesti e momenti di riflessione che mi hanno aperto gli occhi e fatto sperimentare che qualcuno si è preso cura di noi prima che noi lo chiedessimo. Dietro questa cura io ho sentito Dio. Ricordo che quella notte non ho dormito, è stato un incontro forte».

Poi c’è stata la Giornata mondiale della gioventù di Cracovia, l’estate successiva. Davide ha sentito il bisogno di approfondire la sua relazione con Dio, che c’era sempre stata ma era diventata un’urgenza. È entrato nel Gruppo Samuele, il cammino spirituale della Chiesa di Milano finalizzato al discernimento vocazionale, e quindi, nel 2018, in seminario. «Mi stavo per laureare, mi mancava solo la tesi, e non ero ancora certo di voler diventare prete. È negli anni del seminario che ho visto con chiarezza che quello era il passo che volevo fare»

Quattro mesi non sono molti, ma possono dare tanto. Don Davide ha potuto vedere da dentro la realtà dell’oratorio estivo: «Mi ha colpito il bene che i giovani vogliono a don Marco e don Martino. Quando il 20 giugno sono entrato e don Martino mi ha presentato ai bambini e agli animatori sono tutti venuti a salutarmi, ho sentito molto calore. E nel viaggio a Santiago mi ha colpito lo spessore umano dei giovani che ho avuto il piacere di incontrare». Sul ruolo che può avere l’oratorio del Rosario nei prossimi anni c’è già qualche idea chiara nei pensieri del nuovo vicario: «L’aspetto centrale, dal mio punto di vista, deve essere sempre la presenza del Signore. Negli oratori molto grandi e che vanno molto bene c’è sempre il rischio che nascano automatismi, meccanismi che possono rendere difficile accogliere nuove persone. Tutto deve funzionare perché il motore è Dio. Questa parrocchia è una potenza: vorrei piano piano che chi abita il Rosario allargasse gli orizzonti, che si sfondassero quei muri che rischiano di farci chiudere su noi stessi. Non siamo un’isola, mi piacerebbe fossimo un polo della città dove anche altri possono trovarsi bene».