Una vacanza, la nostra comunità in viaggio e la scoperta “dell’altro” per arricchire la nostra quotidianità*
di Claudia La Via
Un viaggio capace di coniugare preghiera, amicizia, cultura e formazione. È l’esperienza che ha vissuto un gruppo di parrocchiani di Santa Maria del Rosario che lo scorso dicembre ha trascorso una settimana in Sicilia, alla scoperta della natura, della cultura, della storia e anche del buon cibo.
La meta all’inizio doveva essere la Turchia, ma poi la crisi in Medio Oriente ha convinto il gruppo a ripiegare su un’altra destinazione. E così è arrivata la scelta di trascorrere questa settimana sull’Isola.
Il viaggio e gli itinerari sono stati molto intensi, così come sono state tutte le giornate, due in particolare. La prima, quella dell’arrivo a Palermo il primo giorno, col passaggio nei luoghi della mafia che ha corrotto, ucciso e degradato. L’altro, l’ultimo giorno, trascorso a Porto Empedocle, all’interno di un centro d’accoglienza per migranti con la toccante testimonianza dei volontari coinvolti. “Prima di giungere a Palermo abbiamo fatto tappa nei pressi di Capaci, presso un casotto da cui gli attentatori fecero brillare l’esplosivo mentre sull’autostrada che anche noi stavamo percorrendo in quel momento, transitava il giudice Giovanni Falcone, accompagnato dalla moglie e dai tre uomini della scorta”, racconta Paolo Bonfanti uno dei parrocchiani coinvolti nel viaggio, che ha appuntato tutto con zelo costruendo un vero e proprio diario di viaggio. La giornata a Palermo è proseguita con la visita alla casa (oggi museo) del Beato Padre Pino Puglisi e del Centro Padre Nostro, da lui fondato nel famoso quartiere Brancaccio di Palermo, un tempo di esclusivo dominio della mafia e oggi, grazie anche alla sua coraggiosa opera educativa a tutela dei bambini, tornato finalmente alla legalità.
Il viaggio è stato anche un’esperienza gastronomica per i partecipanti che hanno degustato il cibo locale durante le “pause pranzo” tra una visita e l’altra, e alla sera in hotel: anelletti alla palermitana, cibo da strada e “arancine” (come vengono chiamate nella parte occidentale della Sicilia) fino ai classici dolci come il cannolo e la cassata.
Tante le tappe culturali tra la città di Trapani e la sua provincia, con il Monte Erice, i templi e le rovine archeologiche di Segesta e Selinunte, le saline di Marsala e l’isola di Mothia e poi la città di Agrigento e la Valle dei Templi. Proprio vicino ad Agrigento si è conclusa l’esperienza del gruppo di viaggio del Rosario, forse la più forte e significativa della settimana, con l’arrivo a Porto Empedocle sotto la guida di don Aldo Sciabarrasi, parroco di Raffadali (cittadina collinare a quindi chilometri da Agrigento).
È qui che si trova un importantissimo centro di prima accoglienza per i migranti che sbarcano sull’isola. Lì Angelo, responsabile della Croce Rossa locale e Simona, educatrice e volontaria, hanno raccontato le esperienze e le fatiche quotidiane a contatto con chi arriva in cerca di speranza e nuove possibilità.
Il centro, ora fortunatamente vuoto, è arrivato a ospitare contemporaneamente anche 1.600 migranti. Si tratta di un luogo di passaggio, dove sostano al massimo per 24/48 ore, utile per alleggerire l’hotspot di Lampedusa, che ha una capienza massima di 400 persone. Nel periodo dal 16 luglio al 24 settembre scorso, i volontari (10 al giorno a turno e per 30 giorni) hanno prestato il loro prezioso supporto in maniera instancabile, per anche 20 ore al giorno, coadiuvati dalla Caritas diocesana e dal vescovo di Agrigento.
I parrocchiani hanno potuto confrontarsi con i due volontari su questa esperienza. “Abbiamo toccato con mano quanto il volontariato, se svolto con passione, gratuità e anche fermezza, senza alcun interesse né economico, né di parte, sia il simbolo di vera e altissima umanità”, racconta Paolo, felice di questa forte condivisione.
Conclusa l’esperienza di viaggio, sono tanti i bagagli con cui sono ritornati a Milano i trenta parrocchiani del Rosario, assieme a don Marco. A partire dalla bellezza di essere gruppo e di vivere esperienze arricchenti non come singoli, ma come comunità.
Inoltre, la forza delle esperienze “forti” vissute e testimoniate in Sicilia ha confermato l’importanza di sapersi schierare su determinate questioni sociali e saperlo fare non solo nella teoria, ma anche nella pratica e nel proprio quotidiano. È quello che per esempio fa ogni giorno Claudio, nostro parrocchiano e diacono permanente ora a servizio presso San Vittore a stretto contatto coi carcerati, ma è anche il “motore” che muove l’opera dei volontari della parrocchia che collaborano per poter offrire ai senza tetto della zona 80 docce settimanali e la distribuzione della relativa biancheria intima.
Poi c’è l’attenzione all’altro, anche se non per forza “bisognoso” nel senso letterale del termine. Ed è quello che Santa Maria del Rosario sta cercando di fare, tendendo una mano anche ai giovani universitari per contrastare l’emergenza abitativa nel quartiere e offrendo loro a prezzi calmierati una stanza presso la residenza per universitari da qualche anno in funzioni nei locali attigui alla chiesa. Un modo per ricordarci che quello che viviamo nella nostra quotidianità come parrocchia e come quartiere è, in piccolo o in grande, quello che chiunque nel mondo può vivere se sposa l’idea dell’aiuto, della comunità e dell’accoglienza.
*è stato possibile realizzare questo mini-reportage grazie al prezioso contributo del nostro parrocchiano Paolo Bonfanti che ha documentato ogni momento di questo viaggio con puntualità e grande cura.